Un
vecchio, rinomato professore,
giunto
alle soglie della dipartita,
dà uno
sguardo accorato alla sua vita
perché si
renda conto di ogni errore;
e con la
mano stanca e l’occhio spento
All’ubriacone
che sta al primo piano
lascio
tutti i miei libri di latino,
potrà
comprarsi una botte di vino
ed un
vocabolario d’italiano.
Mentre si
sbronza se lo mette a lato:
avrà
l’aspetto più da letterato.
Ed i
registri ricolmi di quattro,
frutto del
mio giudizio competente,
su una
cultura che non serve a niente,
li do
all’esperto del gioco del lotto.
Saranno,
forse, un poco trasandati:
almeno,
però, i numeri li ho dati.
La fede
che ho difeso io la lascio
al buon
curato della cattedrale
che si
addormenta nel confessionale
e dei
peccati ne fa tutto un fascio.
Ma per
coerenza in mezzo alla funzione
dice mea
culpa e forse ci ha ragione.
Lascio i
miei libri di filosofia
al salumiere
all’angolo che ormai
ha ben
capito dopo tanti guai
qual era,
forse, la diritta via.
Senza,
infatti, conoscere Rousseau,
lui s’è
fatto la macchina e io no.
E me ne
vado con la mente stanca,
povero,
onesto e troppo credulone,
ma chi
vuole da me qualche milione
non ha che
presentarsi alla mia banca.
Se non mi
sbaglio, adesso mi rammento,
ho euro
venticinque all’un per cento.
Alunni
cari vado in paradiso,
dove
Pietro m’aspetta con le chiavi;
fate di
tutto ma non siate bravi…
Ma se
qualcuno ad esserlo è deciso,
se nutre
nel suo cuore queste illusioni,
sia bravo…
come i bravi del Manzoni.
Mimmo
Mòllica ©
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