22 gennaio 2020

«Il Sultano del Brunei»: se ti chiedono chi sei?



Un grande errore: credersi più di quel che si è
e stimarsi da meno di quel che si vale.
Johann Wolfgang Goethe

IL SULTANO DEL BRUNEI

Se ti chiedono «chi sei?»
non dirai d’essere, certo,
il sultano del Brunei.

Dirai: «Sono quel che sono,
sono un tipo sognatore,
qualche volta spensierato,
altre volte corrucciato,
pigro, allegro, preoccupato,
ma inguaribile ottimista,
con il piglio dell’artista
che imparata una certa arte
l’ha poi messa un po’ da parte».

«Sono, insomma, una persona
come tante la mattina
tu ne incontri per la strada
mentre vai a fare benzina».

«Uno che non vien da Marte,
uno che ogni tanto parte,
un ignoto imbrattacarte
che di rado si fa un viaggio;
che non spicca per coraggio
nel risolvere i problemi,
ma che sa far bene i temi
con l’aiuto del Bignami,
messo nel vocabolario,
e prevede anche il domani
consultando il calendario…».

«Un po’ drudo e adoratore,
fantasioso, sognatore,
combattente nella guerra
d’ogni singola giornata,
con i piedi sulla terra
e la testa frastornata
da pensieri a volte belli,
altre volte stravaganti
qualche volte cattivelli,
dispettosi ed incostanti».

Se ti chiedono «chi sei?»
non dirai d’essere, dunque,
il sultano del Brunei.
Dirai: «Sono quel che sono».
Dirai: «Sono affari miei…».

Hai presente quella rima
che comincia come “fata”
e finisce come “gatti”?
Se ti chiedono «chi sei?»
dirai, insomma: «Sono quasi…
quasi-quasi… gatti miei».
E mi firmo: il quasi-quasi
gran sultano del Brunei.

E a quel punto è tutto chiaro,
si è capito come sei:
e cioè incacchiato fresco,
proprio come lo stalliere
del sultano del Brunei,
quando striglia la puledra
della figlia del sultano,
e anziché strigliare il pelo
della baia adamantina
sogna, ad occhi chiusi, gli occhi…
della dolce signorina,
che con lo stalliere parla
coniugando il verbo “andare”,
mentre lui preferirebbe
coniugarlo con “baciare”.

E va bene, s’è capito
che il presente è solo un gioco,
che sarà gradito – spero –
solo in quanto dura poco.

E però spero ti piaccia
quanto basta per non fare
del mio foglio carta straccia,
buono solo da buttare.

E permettimi soltanto,
senza diventare un orso,
di restarti ancora accanto
per concludere il discorso…

Se ti chiedono «chi sei?»
non dirai d’essere il figlio
del sultano del Brunei,
ma dirai una cosa che…
che non è farina mia:
“Sono il figlio prediletto
di mio padre e mamma mia”!

Tu sai bene, bene alquanto
che vuol dire “mamma mia”,
che vuol dir davvero tanto,
molto più di una poesia.

E ripensi al primo pianto,
alla prima biancheria
che ‘qualcuno’ ti ha lavato,
quando non andava via
quella macchia di gelato…
e una voce di fatina,
con lietezza ed allegria,
ti diceva là vicina:
«Tutto bianco e profumato».

Mimmo Mòllica ©
______________
Scrivete pure dei versi: 
presto ci sarà un’amnistia.

Maria Luisa Spaziani

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